L’argomento trattato durante un incontro promosso dalla Delegazione Fai di Novara è suggerito da “Carmina in memoriam Veronica Franco”, testo di Paola Ponti, libero adattamento di Giovanni L. Mantovani, con l’accompagnamento musicale di Beppe Ruga.
Un incontro interessante e molto stimolante, patrocinato dalla delegazione FAI di Novara, è programmato per venerdì 23 ottobre 2015 alle ore 17:30 in Archivio di Stato di Novara, presso la sala intitolata “alla memoria” del compianto Prefetto di Novara, Giuseppe Amelio.
L’argomento è suggerito da “Carmina in memoriam Veronica Franco”, testo di Paola Ponti, libero adattamento di Giovanni L. Mantovani, con l’accompagnamento musicale di Beppe Ruga.
Si tratta di liriche che ci introducono appieno nel clima cinquecentesco veneziano e, più precisamente, in quel particolare ambiente in cui, nel ruolo della donna non era compresa la possibilità di elevarsi culturalmente.
Naturalmente, come in altre situazioni, vi è l’eccezione, che in questo caso è rappresentato dall’appartenenza alla categoria delle donne definite “cortigiane oneste”, come eufemisticamente venivano definite le prostitute di alto livello.
In effetti, il livello di queste signore, spesso, era veramente alto in senso culturale, in quanto le loro frequentazioni permettevano l’accesso a biblioteche e ad ambienti culturali preclusi ad altre.
Il termine “cortigiane oneste” pare sia stato coniato da un maestro cerimoniere della corte pontificia che, nel descrivere le feste organizzate dal papa Alessandro Borgia in occasione delle nozze della figlia Lucrezia, avvenute nel 1501, riporta la presenza di cinquanta “meretrices honeste, cortigiane noncupate” per allietare gli invitati con canti e danze. Quindi, esse, oltre al meretricio, si dedicavano all’arte del vivere, che comprendeva poesia, musica, gusto raffinato, il tutto “meritevole di onore”.
In questo ambiente visse Veronica Franco, nata nel 1546 a Venezia, in una famiglia appartenente alla classe dei “cittadini originari”, un livello a metà strada tra il popolo e la nobiltà. Unica femmina, ebbe l’opportunità di condividere le lezioni private con i suoi tre fratelli raggiungendo un livello culturale di ragguardevole livello e conseguente ammissione ai circoli culturali di Venezia.
Di Veronica Franco rimangono alcuni sonetti di intonazione petrarcheggiante, una raccolta di “Terze rime” dedicate al duca di Mantova Guglielmo Gonzaga, del 1575, ricche di accenti sensuali, sempre realistiche, ed un gruppo di “Lettere familiari a diversi” dedicate al cardinale Luigi d’Este, nel 1580. Il suo aspetto fisico è ben espresso dal Tintoretto nel ritratto in cui la raffigura come una regina di cuori dallo sguardo fiero, bocca carnosa ben disegnata in un volto aggraziato incorniciato da soffici capelli ramati ed un incarnato delicatamente illuminato da un filo di perle. Tale bellezza, unitamente ad intelligenza e buone maniere, destarono l’interesse di nobili, prelati ed artisti, persino di un re, Enrico III, sovrano di Polonia e di Francia. Il re, oltre al dono delle sue grazie, offrì un proprio ritratto in miniatura accompagnato da due sonetti da lei composti per l’occasione, e da una lettera in cui emerge la sua arguzia.
Le sue poesie furono incluse successivamente in varie raccolte di versi, ma il merito della sua riscoperta è da attribuire a Benedetto Croce, e recentemente, a Fabio Vecchi attraverso un bellissimo “melologo” a lei dedicato. Va ricordato che il “melologo” è una forma musicale in cui la musica è alternata a declamazione di un testo.
Pertanto il libero adattamento di Giovanni L. Mantovani su testo di Paola Ponti è l’occasione per approfondire un argomento che affronta la condizione femminile nel Cinquecento e rendersi conto come una cortigiana potesse dare lezione di dignità mantenendo il rispetto di se stessa con un comportamento generoso nei confronti di coloro, che, come lei hanno dovuto confrontarsi con una mentalità bigotta. In tale ambiente, a Veronica non fu risparmiata neppure l’accusa di stregoneria, contro cui ella si difese da sola con passione ed ardore davanti all’Inquisizione che, infine, la assolse.
Rivendicò quindi, la dignità di ogni persona, anche di coloro che vendevano il proprio corpo, poiché sosteneva che “la vergogna è nell’alterigia di chi compra e non di chi vende il suo corpo”.
La rappresentazione del 23 ottobre, quindi, oltre ad essere un approfondimento culturale su un aspetto della vita della donna nel Cinquecento è in invito alla riflessione sulla condizione, sui comportamenti e loro conseguenze riguardo la donna di oggi.
I personaggi e gli interpreti sono:
VERONICA: Chiara Roccaro
LA MUSA: Raffaella Landini
RIDOLPHO: Gianni Brugo
BANDITORE: Michele Sacchetti
MAFFIO: Fabio Pontesan
Copyright Riccardo Pezzana Sara