Il racconto della giornata del 25 marzo 2020.
Vercelli, 25 marzo 2020.
DIARIO DI BORDO – 25 Marzo a.d.c. (Anno del Corona)
A PROPOSITO DI GABBIE E DI PESCI ROSSI
Ieri un mio social-amico ha scritto un post nel quale affermava di rivedere la sua opinione circa l’efficacia della detenzione domiciliare alla luce dell’esperienza di confinamento di questi giorni.
Devo essere sincero: ho spesso considerato anche io gli arresti domiciliari come una detenzione troppo “leggera” ed a volte poco comprensibile.
Ma questa detenzione domiciliare cui oggi tutti siamo “condannati” dal coronavirus cambia le carte in tavola. Ha ragione l’amico del post.
Le mura domestiche si fanno via via più strette ogni giorno che passa.
I metri quadri si riducono, lo spazio elastico si comprime. Un big bang all’incontrario.
Ed ognuno reagisce con tecniche differenti alla prigionia.
C’è chi decide di tenersi impegnato con lavori di manutenzione rinviati da una vita (ma servono strumenti e pezzi di ricambio non più così semplici da reperire). Chi si scopre (o si crede) masterchef, chi si improvvisa pittore neo-realista o chi illuminato sulla via di Damasco si riscopre cultore delle arti musicali.
C’è anche (e pare siano la maggioranza) chi ha fatto del percorso divano–letto-cucina-divano una sorta di circuito podistico a tappe. Si cronometra, migliora i tempi costantemente in una gara contro se stesso. Agonismo spinto all’estremo.
La televisione e internet diventano l’oppio moderno.
E’ di questi giorni l’allarme lanciato dagli esperti circa l’aumento impressionante e vertiginoso del traffico internet. TV on-demand e video-chat per smartworking e lezioni delle scuole a distanza stanno mettendo a dura prova tutta l’infrastruttura portante della rete.
Al punto che i grandi servizi come Netflix e PrimeVideo annunciano di dover abbassare la risoluzione ed il bit-rate (si ridurrà cioè la fluidità delle immagini) per poter continuare a garantire il servizio.
Pensate se all’isolamento dovesse affiancarsi un crollo della “rete”… sarebbe un evento catastrofale (siamo più in grado oggi di vivere e comunicare senza rete?).
Ed i bambini?
Osservo il mondo attraverso gli occhi di due osservatori particolari di 12 e 4 anni.
Il mondo di mia figlia dodicenne ai tempi del corona è un mondo fatto di chat, video lezioni, app e programmi per la gestione dei contatti. Smartphone, tablet e PC diventano estensioni del corpo che permettono di abbandonare la zona rossa in sicurezza. Una vita che si “virtualizza”.
Poi c’è il mondo che osservo con gli occhi dei 4 anni del mio piccolo “attila”. Un bimbo vivace, chiacchierone, vulcanico, con quella forza vitale che quell’età ti dona quando cominci a prendere coscienza di un’intero mondo che aspetta solo di essere scoperto ed esplorato da te.
E’ lui la mia “tigre in gabbia”. In lui rivedo quegli animali che negli zoo si vedono girare senza sosta e senza meta in circolo come criceti in un ruota. Sono movimenti stereotipati, ripetitivi.
Così i più piccoli corrono, su e giù, da un lato all’altro della casa in una corsa senza fine.
Unico momento di libertà il breve viaggio tra casa dei nonni e la nostra quando siamo al lavoro, in ospedale. In quel momento, in quelle poche centinaia di metri, paiono piccoli pesci rossi in una boccia che guizzando verso il cielo, fuori dall’acqua, assaporano nel breve tragitto del volo il gusto frizzante dell’aria fresca.
25 di marzo … andiamo allo zoo a vedere le tigri feroci …
Copyright testo e fotografia dott. Sergio Maccio'
DIARIO DI BORDO – 25 Marzo a.d.c. (Anno del Corona)
A PROPOSITO DI GABBIE E DI PESCI ROSSI
Ieri un mio social-amico ha scritto un post nel quale affermava di rivedere la sua opinione circa l’efficacia della detenzione domiciliare alla luce dell’esperienza di confinamento di questi giorni.
Devo essere sincero: ho spesso considerato anche io gli arresti domiciliari come una detenzione troppo “leggera” ed a volte poco comprensibile.
Ma questa detenzione domiciliare cui oggi tutti siamo “condannati” dal coronavirus cambia le carte in tavola. Ha ragione l’amico del post.
Le mura domestiche si fanno via via più strette ogni giorno che passa.
I metri quadri si riducono, lo spazio elastico si comprime. Un big bang all’incontrario.
Ed ognuno reagisce con tecniche differenti alla prigionia.
C’è chi decide di tenersi impegnato con lavori di manutenzione rinviati da una vita (ma servono strumenti e pezzi di ricambio non più così semplici da reperire). Chi si scopre (o si crede) masterchef, chi si improvvisa pittore neo-realista o chi illuminato sulla via di Damasco si riscopre cultore delle arti musicali.
C’è anche (e pare siano la maggioranza) chi ha fatto del percorso divano–letto-cucina-divano una sorta di circuito podistico a tappe. Si cronometra, migliora i tempi costantemente in una gara contro se stesso. Agonismo spinto all’estremo.
La televisione e internet diventano l’oppio moderno.
E’ di questi giorni l’allarme lanciato dagli esperti circa l’aumento impressionante e vertiginoso del traffico internet. TV on-demand e video-chat per smartworking e lezioni delle scuole a distanza stanno mettendo a dura prova tutta l’infrastruttura portante della rete.
Al punto che i grandi servizi come Netflix e PrimeVideo annunciano di dover abbassare la risoluzione ed il bit-rate (si ridurrà cioè la fluidità delle immagini) per poter continuare a garantire il servizio.
Pensate se all’isolamento dovesse affiancarsi un crollo della “rete”… sarebbe un evento catastrofale (siamo più in grado oggi di vivere e comunicare senza rete?).
Ed i bambini?
Osservo il mondo attraverso gli occhi di due osservatori particolari di 12 e 4 anni.
Il mondo di mia figlia dodicenne ai tempi del corona è un mondo fatto di chat, video lezioni, app e programmi per la gestione dei contatti. Smartphone, tablet e PC diventano estensioni del corpo che permettono di abbandonare la zona rossa in sicurezza. Una vita che si “virtualizza”.
Poi c’è il mondo che osservo con gli occhi dei 4 anni del mio piccolo “attila”. Un bimbo vivace, chiacchierone, vulcanico, con quella forza vitale che quell’età ti dona quando cominci a prendere coscienza di un’intero mondo che aspetta solo di essere scoperto ed esplorato da te.
E’ lui la mia “tigre in gabbia”. In lui rivedo quegli animali che negli zoo si vedono girare senza sosta e senza meta in circolo come criceti in un ruota. Sono movimenti stereotipati, ripetitivi.
Così i più piccoli corrono, su e giù, da un lato all’altro della casa in una corsa senza fine.
Unico momento di libertà il breve viaggio tra casa dei nonni e la nostra quando siamo al lavoro, in ospedale. In quel momento, in quelle poche centinaia di metri, paiono piccoli pesci rossi in una boccia che guizzando verso il cielo, fuori dall’acqua, assaporano nel breve tragitto del volo il gusto frizzante dell’aria fresca.
25 di marzo … andiamo allo zoo a vedere le tigri feroci …
Copyright testo e fotografia dott. Sergio Maccio'