Il racconto della giornata del 28 APRILE 2020.
Vercelli 29 APRILE 2020
DIARIO DI BORDO – 28 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
N.d.R: prima della pagina odierna permettetemi un ringraziamento a tutta la Compagnia del Diario.
Al quesito di ieri “la prima cosa bella” hanno risposto dando il loro contributo di sogni, desideri e speranze più di 100 (!) “condomini” della compagnia, trasformando quella pagina in una pagina veramente corale. Grazie a tutti e a tutti l’augurio di poter realizzare il proprio desiderio.
Ora una pagina un po’ “tecnica”.
GIOCARE A RISIKO
Pausa pranzo.
Abbiamo passato la metà del mese di aprile, ci stiamo avvicinando a maggio. Quanto è vicino maggio.
Sono saltate tutte le consuetudini.
Non ci sono più punti di riferimento.
Appoggiato sul davanzale dello studio medici, protetto da un foglio di carta usa e getta, osservo il mondo fuori.
In altri tempi questa stanza, ora avvolta dal silenzio, sarebbe stata rumorosa, molto rumorosa.
In queste giornate eravamo soliti riunirci con l’equipe e discutere, calendario alla mano, di servizi, impegni, turni e guardie.
Un gioco di incastri, relazioni diplomatiche.
La scrivania, spostato il computer, si prestava come base per il grande “Risiko”.
Ognuno disponeva i suoi carri armati, aerei e navi. Ognuno metteva sul tavolo desideri, progetti, speranze.
Si discuteva, ci si accapigliava bonariamente, si faceva la conta delle ore, delle guardie.
Era il momento delle rivendicazioni, delle promesse, degli scambi sottobanco, del mercato “nero” dei turni meno ambiti.
Una sorta di “Borsa” anarchica, nessuna Consob a controllarne le operazioni.
Si seguivano quotazioni improvvisate secondo gli umori del momento: un sabato giorno valeva due guardie notturne feriali? Forse oggi, ma domani? E quanto valeva una domenica notte?
Si tornava bambini, all’epoca del mitico scambio delle figurine di calcio dell’album Panini.
La stanza si riempiva di voci alte e voci basse. Alcuni passeggiavano nervosi in cerchio come animali in gabbia, altri tamburellavano le dita seguendo ritmi imprevedibili.
I sospiri di rassegnazione si univano agli sbuffi insofferenti.
Poi, come tutto era iniziato, finiva.
Il fischio di un arbitro immaginario sanciva la fine della tenzone.
Si ritiravano le truppe, ognuno contava i suoi feriti. Se eravamo stati bravi (e la maggior parte delle volte era così) si usciva da quella stanza senza vincitori ne vinti. Ognuno di noi aveva dovuto lasciare qualcosa sul tavolo ma aveva anche preso qualcosa.
È il gioco della vita. Ed ai tempi delle innumerevoli riunioni operative per l’emergenza COVID tutto questo torna alla mente.
Nel Risiko della vita la strategia migliore (come mi insegnarono agli inizi della mia avventura come segretario locale dell’associazione medici ospedalieri) è quella che viene chiamata “Win-win” (io vinco-tu vinci).
A qualsiasi tavolo di negoziazione vincere troppo non è la scelta migliore. Se oggi io vinco tutto e mi alzo dal tavolo con la controparte ferita e umiliata questa avrà un naturale senso di rivalsa e rivincita nei miei confronti che la porterà ad un successivo incontro ad avere un approccio aggressivo.
Se al primo tavolo, dunque, adottiamo la tecnica “Win-lose” (io vinco, tu perdi) al tavolo successivo, preclusa a priori qualsiasi forma di comunicazione sincera, la cosa più probabile è che si arrivi al “Lose-lose” (io perdo, tu perdi).
Al contrario se dal primo tavolo ci alziamo entrambi con la sensazione/percezione di aver portato a casa qualcosa (non la vittoria ideale ma un compromesso), al prossimo tavolo saremo ancora disposti a guardarci negli occhi, confrontarci e trovare un terreno comune di dialogo.
Ecco perché alla fine si trovava sempre la quadra in quelle nostre riunioni.
Questo accadeva in questa stanza prima.
Prima dell’onda che si è portata via tutto.
Ora, nel silenzio surreale dei corridoi vuoti, spostando lo sguardo dalla finestra verso il centro della stanza, osservo la scrivania vuota.
Non ci sono ferie su cui discutere, non ci sono congressi, corsi. Non ci sono quasi sabati e domeniche, festivi.
Ora si discute di turni COVID e NON-COVID. Di guardie inter-divisionali.
E la nostalgia è inevitabile.
In attesa di riparlare di congressi oggi il Risiko lo giochiamo su altri tavoli.
Sui tavoli per discutere di dispositivi di protezione, di protocolli terapeutici e diagnostici.
Tra colleghi di tutte le discipline, tra alti e bassi, tra sbuffi e sospiri, credo siamo riusciti ad applicare il “Win-win”. Sarà dura per tutti ma nessuno si tira indietro. Abbiamo accettato e ancora accetteremo molti compromessi perché è quello che dobbiamo fare per onorare la professione di medico e il nostro dovere verso la società (lo stesso vale per i colleghi infermieri).
Chi, perdonami caro diario, non ha ben compreso le regole del gioco sono invece alcune istituzioni.
Chi non cerca il dialogo, chi ci considera soldatini muti.
Quando sarà finito tutto, a bocce ferme, vedremo chi ha giocato in modalità “Win-lose”. Perché la sensazione, vista la curva di contagi e mortalità nel Nord Italia, è che proprio la parte d’Italia che si considerava più avanzata abbia giocato, a conti fatti, con una strategia che ha portato ad un risultato “Lose-lose”. Abbiamo perso tutti.
Non abbiamo contenuto i contagi. Non avevamo abbastanza posti di terapia intensiva (questa la grande differenza con la Germania che ha numeri decisamente migliori dei nostri). Non avevamo abbastanza laboratori (Piemonte). Non avevamo fatto scorta di DPI e di tamponi.
Dobbiamo cambiare regime, recuperare umiltà (non eravamo i migliori come pensavamo), guardare avanti, e riprendere a giocare per vincere. Si può fare se sapremo imparare dagli errori.
E se le cose andranno bene forse presto in questa stanza torneranno a sparare i cannoni per guardie, riposi e ferie.
28 di Aprile …. Spostiamo i carrarmati in Kamchatka (come ha fatto chiunque abbia giocato a Risiko almeno una volta)
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’
DIARIO DI BORDO – 28 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
N.d.R: prima della pagina odierna permettetemi un ringraziamento a tutta la Compagnia del Diario.
Al quesito di ieri “la prima cosa bella” hanno risposto dando il loro contributo di sogni, desideri e speranze più di 100 (!) “condomini” della compagnia, trasformando quella pagina in una pagina veramente corale. Grazie a tutti e a tutti l’augurio di poter realizzare il proprio desiderio.
Ora una pagina un po’ “tecnica”.
GIOCARE A RISIKO
Pausa pranzo.
Abbiamo passato la metà del mese di aprile, ci stiamo avvicinando a maggio. Quanto è vicino maggio.
Sono saltate tutte le consuetudini.
Non ci sono più punti di riferimento.
Appoggiato sul davanzale dello studio medici, protetto da un foglio di carta usa e getta, osservo il mondo fuori.
In altri tempi questa stanza, ora avvolta dal silenzio, sarebbe stata rumorosa, molto rumorosa.
In queste giornate eravamo soliti riunirci con l’equipe e discutere, calendario alla mano, di servizi, impegni, turni e guardie.
Un gioco di incastri, relazioni diplomatiche.
La scrivania, spostato il computer, si prestava come base per il grande “Risiko”.
Ognuno disponeva i suoi carri armati, aerei e navi. Ognuno metteva sul tavolo desideri, progetti, speranze.
Si discuteva, ci si accapigliava bonariamente, si faceva la conta delle ore, delle guardie.
Era il momento delle rivendicazioni, delle promesse, degli scambi sottobanco, del mercato “nero” dei turni meno ambiti.
Una sorta di “Borsa” anarchica, nessuna Consob a controllarne le operazioni.
Si seguivano quotazioni improvvisate secondo gli umori del momento: un sabato giorno valeva due guardie notturne feriali? Forse oggi, ma domani? E quanto valeva una domenica notte?
Si tornava bambini, all’epoca del mitico scambio delle figurine di calcio dell’album Panini.
La stanza si riempiva di voci alte e voci basse. Alcuni passeggiavano nervosi in cerchio come animali in gabbia, altri tamburellavano le dita seguendo ritmi imprevedibili.
I sospiri di rassegnazione si univano agli sbuffi insofferenti.
Poi, come tutto era iniziato, finiva.
Il fischio di un arbitro immaginario sanciva la fine della tenzone.
Si ritiravano le truppe, ognuno contava i suoi feriti. Se eravamo stati bravi (e la maggior parte delle volte era così) si usciva da quella stanza senza vincitori ne vinti. Ognuno di noi aveva dovuto lasciare qualcosa sul tavolo ma aveva anche preso qualcosa.
È il gioco della vita. Ed ai tempi delle innumerevoli riunioni operative per l’emergenza COVID tutto questo torna alla mente.
Nel Risiko della vita la strategia migliore (come mi insegnarono agli inizi della mia avventura come segretario locale dell’associazione medici ospedalieri) è quella che viene chiamata “Win-win” (io vinco-tu vinci).
A qualsiasi tavolo di negoziazione vincere troppo non è la scelta migliore. Se oggi io vinco tutto e mi alzo dal tavolo con la controparte ferita e umiliata questa avrà un naturale senso di rivalsa e rivincita nei miei confronti che la porterà ad un successivo incontro ad avere un approccio aggressivo.
Se al primo tavolo, dunque, adottiamo la tecnica “Win-lose” (io vinco, tu perdi) al tavolo successivo, preclusa a priori qualsiasi forma di comunicazione sincera, la cosa più probabile è che si arrivi al “Lose-lose” (io perdo, tu perdi).
Al contrario se dal primo tavolo ci alziamo entrambi con la sensazione/percezione di aver portato a casa qualcosa (non la vittoria ideale ma un compromesso), al prossimo tavolo saremo ancora disposti a guardarci negli occhi, confrontarci e trovare un terreno comune di dialogo.
Ecco perché alla fine si trovava sempre la quadra in quelle nostre riunioni.
Questo accadeva in questa stanza prima.
Prima dell’onda che si è portata via tutto.
Ora, nel silenzio surreale dei corridoi vuoti, spostando lo sguardo dalla finestra verso il centro della stanza, osservo la scrivania vuota.
Non ci sono ferie su cui discutere, non ci sono congressi, corsi. Non ci sono quasi sabati e domeniche, festivi.
Ora si discute di turni COVID e NON-COVID. Di guardie inter-divisionali.
E la nostalgia è inevitabile.
In attesa di riparlare di congressi oggi il Risiko lo giochiamo su altri tavoli.
Sui tavoli per discutere di dispositivi di protezione, di protocolli terapeutici e diagnostici.
Tra colleghi di tutte le discipline, tra alti e bassi, tra sbuffi e sospiri, credo siamo riusciti ad applicare il “Win-win”. Sarà dura per tutti ma nessuno si tira indietro. Abbiamo accettato e ancora accetteremo molti compromessi perché è quello che dobbiamo fare per onorare la professione di medico e il nostro dovere verso la società (lo stesso vale per i colleghi infermieri).
Chi, perdonami caro diario, non ha ben compreso le regole del gioco sono invece alcune istituzioni.
Chi non cerca il dialogo, chi ci considera soldatini muti.
Quando sarà finito tutto, a bocce ferme, vedremo chi ha giocato in modalità “Win-lose”. Perché la sensazione, vista la curva di contagi e mortalità nel Nord Italia, è che proprio la parte d’Italia che si considerava più avanzata abbia giocato, a conti fatti, con una strategia che ha portato ad un risultato “Lose-lose”. Abbiamo perso tutti.
Non abbiamo contenuto i contagi. Non avevamo abbastanza posti di terapia intensiva (questa la grande differenza con la Germania che ha numeri decisamente migliori dei nostri). Non avevamo abbastanza laboratori (Piemonte). Non avevamo fatto scorta di DPI e di tamponi.
Dobbiamo cambiare regime, recuperare umiltà (non eravamo i migliori come pensavamo), guardare avanti, e riprendere a giocare per vincere. Si può fare se sapremo imparare dagli errori.
E se le cose andranno bene forse presto in questa stanza torneranno a sparare i cannoni per guardie, riposi e ferie.
28 di Aprile …. Spostiamo i carrarmati in Kamchatka (come ha fatto chiunque abbia giocato a Risiko almeno una volta)
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’