Vercelli 12 aprile 2020
DIARIO DI BORDO – 11 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
LA PARTITA (3 tempi)
Caro Diario,
giornata di ricordi e nostalgia.
Siamo ad oltre un mese dall’inizio della pandemia a “casa nostra”.
Un mese in cui si sono rivoluzionate vite, mestieri, progetti.
Penso a chi ha annullato matrimoni, a chi ha vissuto il dolore di un funerale cui non ha potuto nemmeno partecipare per l’ultimo saluto. A chi ha abbassato (chiuso) serrande senza sapere quando si rialzeranno.
A chi ha indossato maschere e tute che sono ormai diventate una seconda pelle.
Ragionando sul tempo passato tornano alla mia memoria gli anni, in gioventù, del volontariato in Croce Rossa.
È proprio tra i volontari del Comitato di Croce Rossa di Oleggio che sono cresciuto e tra loro ho imparato cosa volesse dire “essere” medico ancora prima di “fare” il medico. Tra quei ragazzi e ragazze che tolte le divise del lavoro ordinario giornaliero si trasformavano in angeli blu (il colore all’epoca della divisa volontario CRI) ho imparato l’importanza e la differenza tra “curare” e “prendersi cura”.
Un’altra esperienza che porto nel cuore degli anni di Croce Rossa è quella di Protezione Civile.
Passai il Natale del 1994 a Garessio durante i giorni dell’alluvione del Tanaro (la notte di Natale il mio letto fu un comodo contenitore di spugnette da cucina che ancora ricordo per l’impronta del corpo che lasciai al risveglio la mattina dopo).
Feci poi l’esperienza del terremoto a Colfiorito vicino a Perugia nel 1997.
Esperienze che ora, ai tempi della pandemia da corona, tornano alla mente.
Trovo oggi come all’epoca che la reazione umana di fronte a catastrofi o eventi troppo drammatici e improvvisi possa essere riassunta in 3 tempi di un’ipotetica partita:
PRIMO TEMPO (lo smarrimento)
È umano di fronte ad eventi più grandi di noi e della nostra comprensione cedere allo smarrimento.
Lo stravolgimento improvviso delle abitudini, del piccolo mondo che ci siamo costruiti in tanti anni, un mondo fatto di regole precise. Una scacchiera sulla quale per decenni il cavallo si è sempre mosso a L. Sempre. Poi un giorno qualcuno (un terremoto, un’alluvione, una pandemia) cambia la regola: il cavallo si muove in diagonale.
D’un tratto non riconosciamo il mondo fuori, hanno spostato la nostra panchina preferita, hanno occupato il parcheggio che è sempre stato nostro.
Il crollo delle certezze porta confusione, ansia, ed un certo fatalismo (accada ciò che deve accadere)
Il Diario nacque in quei giorni del primo tempo. Voleva creare un ordine e permettere di capire le nuove regole della scacchiera nel più breve tempo possibile,
SECONDO TEMPO (la determinazione)
Poi si reagisce.
Si imparano di corsa le nuove regole, si affina l’intelletto. Si rimboccano le maniche. L’essere umano nelle sue migliaia di anni di storia è sopravvissuto a tutto. Carestie, epidemie, cataclismi, guerre (sopravvivere a sé stessi è stato e sarà purtroppo sempre il problema più arduo del genere umano).
È la fase della determinazione e della reazione. Ci si rialza in un misto di adrenalina e spirito di gruppo.
Stiamo vivendo quella fase ora.
Un paese che compie imprese straordinarie dagli ospedali costruiti con l’aiuto anche degli alpini, dai ragazzi che si inventano maschere per la ventilazione, i benefattori che aiutano la popolazione. Un paese che si prende per mano.
Ora dobbiamo solo non commettere un errore, quello caratteristico del terzo tempo.
TERZO TEMPO (l’abitudine)
L’essere umano ha una capacità di adattamento straordinaria. È una forza, ma anche una debolezza.
Perché se l’emergenza dura a lungo (e questa sta durando e durerà ancora a lungo) l’uomo, il suo sistema nervoso, cominciano ad adattarsi.
Si abbassa il livello di reazione allo stress e si abbassa la guardia. Un pericolo concreto.
Comincio a intravederlo.
Lo vedo nelle mascherine che cominciano a scivolare scoprendo il naso (nelle prime settimane eravamo maniacali nel posizionarle), ora qualche maschera scivola giù troppo. Lo vedo nella stretta di mano che scappa mentre sino a ieri gomito contro gomito era l’unico saluto concesso. Lo vedo nell’avvicinarsi troppo al bar dell’ospedale per un caffè. La percezione del pericolo comincia a diminuire. Ma il pericolo è ben lungi dall’essere scomparso.
È ora di rinfrancare lo spirito osservando che tutti i nostri sforzi stanno cominciando a dare risultati, ma non è ora di festeggiare togliendo i dispositivi di protezione.
Non basta essere sopravvissuti al primo tempo ed aver giocato bene il secondo. È con il terzo tempo che si porta a casa il risultato.
Dunque continuiamo a giocare. Rispettiamo le regole e vinceremo.
11 di Aprile …. Fischio di inizio, palla in campo ….
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’
DIARIO DI BORDO – 11 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
LA PARTITA (3 tempi)
Caro Diario,
giornata di ricordi e nostalgia.
Siamo ad oltre un mese dall’inizio della pandemia a “casa nostra”.
Un mese in cui si sono rivoluzionate vite, mestieri, progetti.
Penso a chi ha annullato matrimoni, a chi ha vissuto il dolore di un funerale cui non ha potuto nemmeno partecipare per l’ultimo saluto. A chi ha abbassato (chiuso) serrande senza sapere quando si rialzeranno.
A chi ha indossato maschere e tute che sono ormai diventate una seconda pelle.
Ragionando sul tempo passato tornano alla mia memoria gli anni, in gioventù, del volontariato in Croce Rossa.
È proprio tra i volontari del Comitato di Croce Rossa di Oleggio che sono cresciuto e tra loro ho imparato cosa volesse dire “essere” medico ancora prima di “fare” il medico. Tra quei ragazzi e ragazze che tolte le divise del lavoro ordinario giornaliero si trasformavano in angeli blu (il colore all’epoca della divisa volontario CRI) ho imparato l’importanza e la differenza tra “curare” e “prendersi cura”.
Un’altra esperienza che porto nel cuore degli anni di Croce Rossa è quella di Protezione Civile.
Passai il Natale del 1994 a Garessio durante i giorni dell’alluvione del Tanaro (la notte di Natale il mio letto fu un comodo contenitore di spugnette da cucina che ancora ricordo per l’impronta del corpo che lasciai al risveglio la mattina dopo).
Feci poi l’esperienza del terremoto a Colfiorito vicino a Perugia nel 1997.
Esperienze che ora, ai tempi della pandemia da corona, tornano alla mente.
Trovo oggi come all’epoca che la reazione umana di fronte a catastrofi o eventi troppo drammatici e improvvisi possa essere riassunta in 3 tempi di un’ipotetica partita:
PRIMO TEMPO (lo smarrimento)
È umano di fronte ad eventi più grandi di noi e della nostra comprensione cedere allo smarrimento.
Lo stravolgimento improvviso delle abitudini, del piccolo mondo che ci siamo costruiti in tanti anni, un mondo fatto di regole precise. Una scacchiera sulla quale per decenni il cavallo si è sempre mosso a L. Sempre. Poi un giorno qualcuno (un terremoto, un’alluvione, una pandemia) cambia la regola: il cavallo si muove in diagonale.
D’un tratto non riconosciamo il mondo fuori, hanno spostato la nostra panchina preferita, hanno occupato il parcheggio che è sempre stato nostro.
Il crollo delle certezze porta confusione, ansia, ed un certo fatalismo (accada ciò che deve accadere)
Il Diario nacque in quei giorni del primo tempo. Voleva creare un ordine e permettere di capire le nuove regole della scacchiera nel più breve tempo possibile,
SECONDO TEMPO (la determinazione)
Poi si reagisce.
Si imparano di corsa le nuove regole, si affina l’intelletto. Si rimboccano le maniche. L’essere umano nelle sue migliaia di anni di storia è sopravvissuto a tutto. Carestie, epidemie, cataclismi, guerre (sopravvivere a sé stessi è stato e sarà purtroppo sempre il problema più arduo del genere umano).
È la fase della determinazione e della reazione. Ci si rialza in un misto di adrenalina e spirito di gruppo.
Stiamo vivendo quella fase ora.
Un paese che compie imprese straordinarie dagli ospedali costruiti con l’aiuto anche degli alpini, dai ragazzi che si inventano maschere per la ventilazione, i benefattori che aiutano la popolazione. Un paese che si prende per mano.
Ora dobbiamo solo non commettere un errore, quello caratteristico del terzo tempo.
TERZO TEMPO (l’abitudine)
L’essere umano ha una capacità di adattamento straordinaria. È una forza, ma anche una debolezza.
Perché se l’emergenza dura a lungo (e questa sta durando e durerà ancora a lungo) l’uomo, il suo sistema nervoso, cominciano ad adattarsi.
Si abbassa il livello di reazione allo stress e si abbassa la guardia. Un pericolo concreto.
Comincio a intravederlo.
Lo vedo nelle mascherine che cominciano a scivolare scoprendo il naso (nelle prime settimane eravamo maniacali nel posizionarle), ora qualche maschera scivola giù troppo. Lo vedo nella stretta di mano che scappa mentre sino a ieri gomito contro gomito era l’unico saluto concesso. Lo vedo nell’avvicinarsi troppo al bar dell’ospedale per un caffè. La percezione del pericolo comincia a diminuire. Ma il pericolo è ben lungi dall’essere scomparso.
È ora di rinfrancare lo spirito osservando che tutti i nostri sforzi stanno cominciando a dare risultati, ma non è ora di festeggiare togliendo i dispositivi di protezione.
Non basta essere sopravvissuti al primo tempo ed aver giocato bene il secondo. È con il terzo tempo che si porta a casa il risultato.
Dunque continuiamo a giocare. Rispettiamo le regole e vinceremo.
11 di Aprile …. Fischio di inizio, palla in campo ….
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’