Il racconto della giornata del 18 marzo 2020.
Vercelli, 18 marzo 2020
DIARIO DI BORDO: 18 Marzo (a.d.c. - anno del corona)
GUERRA E PACE
C’è un sentimento comune a molti operatori.
Un fremito lungo la schiena quando ci si sveste alla fine di turni fisicamente e psicologicamente pesanti.
E’ la sensazione di vivere in due mondi paralleli. Quello dentro e quello fuori.
Il mondo “dentro” è il mondo in guerra.
Ci si arma, ci si veste, si scende in trincea. Si lavora mentre si studia. TI lavi, ti sporchi, ti lavi, ti sporchi… una giostra continua dalla quale non puoi scendere.
Le protezioni contate, gli strumenti contati, i medici e infermieri contati.
I pazienti che aumentano, arrivano regolari, come onde infrante sulla battigia.
Riunioni improvvise per far la conta di chi c’è, di cosa oggi è cambiato.
L’ospedale pare una struttura gelatinosa. I reparti cambiano aspetto e vengono spostati di ora in ora a seconda dell’evolversi della crisi. Tutto e mobile, tutto scorre, panta rei.
Non esistono piu’ punti fissi o fermi. Il chirurgo affianca l’internista nel giro, impara il suo lavoro rapidamente, con la forza che solo l’adrenalina in questi giorni sa dare.
Poi esiste il mondo “fuori” quello della “Pace”.
Esci dal cancello dell’ospedale alla sera e tutto è (quasi) come è stato sempre. Gente a passeggio con o senza cane. Mamme coi passeggini affiancate alla panchina. Podisti con i cardiofrequenzimetri di ultima generazione. Pensionati al parco in 3 o 4 a scambiarsi ricordi di gioventu’. Gente allegra in coda al supermercato senza mascherine, attaccati come sul metro di Milano all’ora di punta (tanto, come sussurrava ieri sera una signora con le borse cariche di beni essenziali sono tutte storie dei telegiornali).
E’ in questo momento che, finito l’effetto dell’adrenalina, nel cuore dell’operatore sanitario subentra lo sconforto. Quando si è in guerra lo si è tutti. Tutti hanno la percezione che la vita è cambiata. Qui no.
Mentre parte importante della popolazione ha compreso la grave crisi e collabora, ed una parte purtroppo (quella produttiva e dei lavoratori autonomi) soffre con noi, una parte prosegue con apparente noncuranza a condurre un’esistenza “normale”.
Esistenza che per settimane o mesi verrà negata a chi vive (perché piu’ che lavoro ormai è vita) dentro l’ospedale.
Sappiamo che nessuno di noi uscirà senza qualche cicatrice fisica o psicologica da questa crisi. Qualcuno cambierà vita, qualcuno vedrà la vita con occhi diversi, qualcuno capirà che la vita è un soffio d’aria sulla fiammella di una candela, qualcuno si ammalerà, qualcuno pregherà e qualcuno smetterà di farlo.
Ancora 3 ore di guardia, qui al fronte. Anche oggi ho potuto vedere con i miei occhi la bravura e la passione di tanti colleghi, medici, infermieri, tecnici. Nessuno si ferma, dentro. Fatelo fuori, fermatevi.
18 di Marzo … sono solo storie diceva la signora…
Copyright testo e fotografia dott. Sergio Maccio'