Vercelli 17 APRILE 2020
DIARIO DI BORDO – 16 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
CON GLI OCCHI DELLA MALATTIA
Caro Diario,
queste pagine stanno crescendo e divenendo, a poco a poco, un canto corale.
Qualche giorno fa abbiamo ospitato il racconto di un giovane volontario di Croce Rossa (7 Aprile).
Oggi con estremo piacere ospito il racconto di una paziente appena dimessa dal nostro ospedale, Cristiana Folin Massarini.
Un racconto piacevole e, come dimostrerò alla fine, anche istruttivo.
<< Un attimo prima sei nel letto a cercare di capire cos’hai e un attimo dopo sei in pronto soccorso attaccata a mille elettrodi in attesa di una coronarografia perché hai avuto un infarto. E tu che credevi fosse ansia. Beata te.
Che poi uno deve andare in pronto soccorso e si immagina visioni apocalittiche di convulsioni in corsia, zombie e barricate. E invece no.
A me è parso tutto molto ordinato. Normale normale no (si entra da un tendone bianco di plastica montato a fianco della solita entrata. Ti aspetti di trovare E.T. in effetti), però estremamente funzionante, funzionale e vivibile.
La sala d’attesa finalmente non è piena di immaginarie slogature al mignolo del piede e di gomiti che fan contatto col ginocchio. Niente parenti chiassosi e lamentosi.
Si entra / registrazione (“Ma perché non sei venuta subito??”, “Non volevo disturbare. Avete già tanto lavoro”, “Sì ma hai avuto un infarto. Avevi un buon motivo, tu”) / sala d’attesa (adesso è una sorta di piccola corsia. Con le poltrone reclinabili. Tipo quelle della chemio per capirci. Sempre belle visioni io) / esami / diagnosi / ent / esc. Per me è stato ent.
Oggettivamente c’è concitazione. Molti sono scafandrati, altri meno. Sempre due mascherine, guanti. Se del caso cuffie e calzari. Mentre ero lì stesa ho visto passare un’amica semi-scafandrata che stava per attaccare il turno in zona Covid. Sì perché ora il pronto soccorso è diviso in zona covid e non covid. La zona covid è blindata dietro quella che era la vecchia corsia del ps. Nessuno ci può entrare, ma se hai la fortuna come me di dover andare in sala operatoria la puoi sfiorare con lo sguardo. Ed è oggettivamente inquietante.
Quello che ora è il ps classico sta dove prima c’erano ambulatori e guardia medica. Le barelle sono divise da tende blu. C’è del surreale. Mascherine, visiere, occhiali, guanti corti, guanti lunghi, camici verdi, azzurri, cuffiette. Ma George Clooney non c’è (o almeno da dietro le mascherine non lo scorgo). In realtà si percepisce il nervosismo. Chi viene da fuori è comunque un potenziale infetto. Fino a prova contraria. Non te lo diranno mai, ma hanno paura. E fanno bene. Perché noi che stiamo fuori non abbiamo capito una ceppa.
Il lavaggio mani è compulsivo, altrimenti sostituito da un nuovo paio di guanti. Le os passano in continuazione a pulire maniglie, stipiti e tutto ciò che è metallico (o plastico) con soluzioni apposite e suppongo alcoliche. Con mia somma gioia perché è una cosa che faccio sempre anche io e che dico di fare a tutti. Ma vince sempre lo sguardo della mucca.
Sono tutti mascherati. Noi monomascherati, loro doppio mascherati. Ne hanno due. Sotto c’è la mitica fpp2 senza valvola (vederle dal vivo è stato emozionante come quando mi hanno presentato Claudio Coccoluto al New York Bar) e sopra c’è la chirurgica. Ovviamente perché la chirurgica va cambiata spesso.
Ah. La mascherina va toccata solo alla base superiore o inferiore. Altrimenti si infetta. Quindi vi annuncio che le abbiamo infettate tutti (Perché le spostiamo brancandole dal centro). Mettiamoci il cuore in pace.
In tanti mi hanno chiesto se la situazione Covid in ospedale si percepisce. Sì. Si percepisce. Alcuni mascherano bene le loro paure, altri sono velatamente inquieti. I pazienti sono i più indisciplinati. Toccano, fanno, mascherine a caso sui gomiti, lavarsi come hobby. Alla fine parliamo parliamo ma quelli che fan più danno siamo noi.
Nel frattempo i falchi pellegrini hanno nidificato sul Pirellone e i Panda dello zoo di HK si sono accoppiati dopo 10 anni. Perché erano finalmente soli. Invece noi eravamo sulla Pontina direzione vacanze pasquali oppure sui tetti a grigliare.
Ci andrebbe un asteroide sì, ma selettivo. >>
Non so come ringraziare Cristiana.
Ci ha mostrato l’ospedale al tempo del Covid con gli occhi curiosi, un po’ impauriti, dubbiosi, di chi si trova di fronte alla malattia nel momento storico sbagliato (ma ce n’è forse uno giusto per ammalarsi?).
Il racconto di Cristiana, però, mi permette di ricordare anche un’altra cosa. Il COVID non ha annullato le altre patologie. Non rischiamo di sottovalutare sintomi o malattie per paura di entrare in ospedale. Si deve invece fare. Con percorsi separati, con le garanzie che servono. Abbiamo fatto e facciamo molti sforzi per garantirvi assistenza e cure indipendentemente dal COVID. Per Cristiana decidere di venire in Pronto Soccorso ha permesso di trattare precocemente una patologia cardiaca che altrimenti avrebbe potuto avere conseguenze più gravi.
16 di Aprile …. Siamo qui per voi ….
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’
DIARIO DI BORDO – 16 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
CON GLI OCCHI DELLA MALATTIA
Caro Diario,
queste pagine stanno crescendo e divenendo, a poco a poco, un canto corale.
Qualche giorno fa abbiamo ospitato il racconto di un giovane volontario di Croce Rossa (7 Aprile).
Oggi con estremo piacere ospito il racconto di una paziente appena dimessa dal nostro ospedale, Cristiana Folin Massarini.
Un racconto piacevole e, come dimostrerò alla fine, anche istruttivo.
<< Un attimo prima sei nel letto a cercare di capire cos’hai e un attimo dopo sei in pronto soccorso attaccata a mille elettrodi in attesa di una coronarografia perché hai avuto un infarto. E tu che credevi fosse ansia. Beata te.
Che poi uno deve andare in pronto soccorso e si immagina visioni apocalittiche di convulsioni in corsia, zombie e barricate. E invece no.
A me è parso tutto molto ordinato. Normale normale no (si entra da un tendone bianco di plastica montato a fianco della solita entrata. Ti aspetti di trovare E.T. in effetti), però estremamente funzionante, funzionale e vivibile.
La sala d’attesa finalmente non è piena di immaginarie slogature al mignolo del piede e di gomiti che fan contatto col ginocchio. Niente parenti chiassosi e lamentosi.
Si entra / registrazione (“Ma perché non sei venuta subito??”, “Non volevo disturbare. Avete già tanto lavoro”, “Sì ma hai avuto un infarto. Avevi un buon motivo, tu”) / sala d’attesa (adesso è una sorta di piccola corsia. Con le poltrone reclinabili. Tipo quelle della chemio per capirci. Sempre belle visioni io) / esami / diagnosi / ent / esc. Per me è stato ent.
Oggettivamente c’è concitazione. Molti sono scafandrati, altri meno. Sempre due mascherine, guanti. Se del caso cuffie e calzari. Mentre ero lì stesa ho visto passare un’amica semi-scafandrata che stava per attaccare il turno in zona Covid. Sì perché ora il pronto soccorso è diviso in zona covid e non covid. La zona covid è blindata dietro quella che era la vecchia corsia del ps. Nessuno ci può entrare, ma se hai la fortuna come me di dover andare in sala operatoria la puoi sfiorare con lo sguardo. Ed è oggettivamente inquietante.
Quello che ora è il ps classico sta dove prima c’erano ambulatori e guardia medica. Le barelle sono divise da tende blu. C’è del surreale. Mascherine, visiere, occhiali, guanti corti, guanti lunghi, camici verdi, azzurri, cuffiette. Ma George Clooney non c’è (o almeno da dietro le mascherine non lo scorgo). In realtà si percepisce il nervosismo. Chi viene da fuori è comunque un potenziale infetto. Fino a prova contraria. Non te lo diranno mai, ma hanno paura. E fanno bene. Perché noi che stiamo fuori non abbiamo capito una ceppa.
Il lavaggio mani è compulsivo, altrimenti sostituito da un nuovo paio di guanti. Le os passano in continuazione a pulire maniglie, stipiti e tutto ciò che è metallico (o plastico) con soluzioni apposite e suppongo alcoliche. Con mia somma gioia perché è una cosa che faccio sempre anche io e che dico di fare a tutti. Ma vince sempre lo sguardo della mucca.
Sono tutti mascherati. Noi monomascherati, loro doppio mascherati. Ne hanno due. Sotto c’è la mitica fpp2 senza valvola (vederle dal vivo è stato emozionante come quando mi hanno presentato Claudio Coccoluto al New York Bar) e sopra c’è la chirurgica. Ovviamente perché la chirurgica va cambiata spesso.
Ah. La mascherina va toccata solo alla base superiore o inferiore. Altrimenti si infetta. Quindi vi annuncio che le abbiamo infettate tutti (Perché le spostiamo brancandole dal centro). Mettiamoci il cuore in pace.
In tanti mi hanno chiesto se la situazione Covid in ospedale si percepisce. Sì. Si percepisce. Alcuni mascherano bene le loro paure, altri sono velatamente inquieti. I pazienti sono i più indisciplinati. Toccano, fanno, mascherine a caso sui gomiti, lavarsi come hobby. Alla fine parliamo parliamo ma quelli che fan più danno siamo noi.
Nel frattempo i falchi pellegrini hanno nidificato sul Pirellone e i Panda dello zoo di HK si sono accoppiati dopo 10 anni. Perché erano finalmente soli. Invece noi eravamo sulla Pontina direzione vacanze pasquali oppure sui tetti a grigliare.
Ci andrebbe un asteroide sì, ma selettivo. >>
Non so come ringraziare Cristiana.
Ci ha mostrato l’ospedale al tempo del Covid con gli occhi curiosi, un po’ impauriti, dubbiosi, di chi si trova di fronte alla malattia nel momento storico sbagliato (ma ce n’è forse uno giusto per ammalarsi?).
Il racconto di Cristiana, però, mi permette di ricordare anche un’altra cosa. Il COVID non ha annullato le altre patologie. Non rischiamo di sottovalutare sintomi o malattie per paura di entrare in ospedale. Si deve invece fare. Con percorsi separati, con le garanzie che servono. Abbiamo fatto e facciamo molti sforzi per garantirvi assistenza e cure indipendentemente dal COVID. Per Cristiana decidere di venire in Pronto Soccorso ha permesso di trattare precocemente una patologia cardiaca che altrimenti avrebbe potuto avere conseguenze più gravi.
16 di Aprile …. Siamo qui per voi ….
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’