L’aeronautica Militare Italiana sta vivendo un momento terribile; quattro suoi ufficiali sono morti a bordo di due Tornado in volo di addestramento sui cieli delle Marche, nella provincia di Ascoli Piceno. Dicono che si sono scontrati in volo per imperizia, ma io non ci credo. Troppo esperti, troppo preparati per cadere in un errore così grande. Chi, come noi della Famiglia Nuaresa è abituato da anni a vivere l’aeronautica Militare Italiana come una seconda casa (siamo gemellati con il Circolo del 53 di Cameri, sodalizio che aggrega tutti quelli che a qualsiasi titolo hanno prestato servizio presso il mitico 53° stormo Caccia Intercettori di stanza proprio nella base militare alle porte della nostra città, Circolo presieduto dal Presidente Generale Pilota Giulio Mainini) conosce bene la perizia, l’alto grado di preparazione tecnica, l’immenso amore per il volo, che porta i piloti dell’aeronautica Militare Italiana (uomini o donne che essi siano) ad essere dei veri fenomeni e personaggi straordinari. Sempre pronti a migliorarsi, ad imparare nuove tecniche di volo, un pilota non è un personaggio come tanti altri. Un pilota è qualche cosa in più, ha le qualità umane e professionali una spanna al di sopra di tutto e di tutti. Non si diventa piloti militari per caso. Pensate che stia esagerando? Forse. Ma chi ha provato come me ad essere a poco più di centro metri dall’area di decollo di un F104S, di un Tornado o di un F16 è certo di non esagerare. Chi pilota una macchina che può superare i duemilacinquecento chilometri orari ed ha una spinta al decollo che se non controllata con adeguati mezzi e preparazione maniacale ti inchioda per sempre al seggiolino deve avere doti non comuni. Molti dei personaggi passati da Cameri ne sono una prova vivente; ecco perché non mi spiego e non accetto la frettolosa definizione giornalistica di “collisione in volo”.
Anche se i due aerei militari fossero stati vicini come è probabile, non si tratta certamente di manovre fatte “ad occhio”, ma calcolate con strumenti sofisticatissimi e supportate da una capacità professionale altissima. In volo, specialmente su di un volo operativo militare nulla è dato al caso. Il dolore per le quattro vittime, alle quali va il nostro referente inchino e le condoglianze alle rispettive famiglie è, se si può, ancora più grande e sofferto perché una delle vittime era novarese. Il Capitano pilota Mariangela Valentini (nella foto) pilota di uno dei due Tornado precipitati, era di Borgomanero e aveva solo trentuno anni. Ingegnere aeronautico laureatasi a pieni voti, aveva intrapreso la carriera dopo aver superato brillantemente l’Accademia Aeronautica. Ora era di stanza al 6° Stormo Alfredo Fusco di Ghedi, cittadina nei pressi di Brescia. Come mai allora i due velivoli militari erano nelle Marche? La missione dei due caccia del 6° Stormo era quella di acquisire e mantenere la capacità di effettuare, in accordo alle modalità stabilite dai piani operativi nazionali e NATO, operazioni di attacco, ricognizione e supporto alle forze di superficie contro obiettivi relativi alle forze e al potenziale nemico. Il 6° Stormo, infatti, ha una doppia dipendenza: Nazionale e NATO. Secondo la catena NATO fa capo al Quartier Generale delle Potenze Alleate in Europa (SHAPE) attraverso l'Air Component Command (CCAir) di Ramstein.
Nessun errore umano ma, molto probabilmente, come ventilato da qualche network straniero, i due velivoli sono stati centrati da una serie di fulmini che hanno fatto perdere la linea di volo, linea che a quote così basse e ad una velocità relativamente alta come nel caso di ieri, non è facile mantenere se cause scatenanti esterne concorrono negativamente.
Mariangela Valentini ed i suoi colleghi sono morti per la Patria. E noi, tutti, ci inchiniamo di fronte al loro sacrificio immenso. Che Dio li abbia per sempre in gloria.
Stefano Rabozzi
Anche se i due aerei militari fossero stati vicini come è probabile, non si tratta certamente di manovre fatte “ad occhio”, ma calcolate con strumenti sofisticatissimi e supportate da una capacità professionale altissima. In volo, specialmente su di un volo operativo militare nulla è dato al caso. Il dolore per le quattro vittime, alle quali va il nostro referente inchino e le condoglianze alle rispettive famiglie è, se si può, ancora più grande e sofferto perché una delle vittime era novarese. Il Capitano pilota Mariangela Valentini (nella foto) pilota di uno dei due Tornado precipitati, era di Borgomanero e aveva solo trentuno anni. Ingegnere aeronautico laureatasi a pieni voti, aveva intrapreso la carriera dopo aver superato brillantemente l’Accademia Aeronautica. Ora era di stanza al 6° Stormo Alfredo Fusco di Ghedi, cittadina nei pressi di Brescia. Come mai allora i due velivoli militari erano nelle Marche? La missione dei due caccia del 6° Stormo era quella di acquisire e mantenere la capacità di effettuare, in accordo alle modalità stabilite dai piani operativi nazionali e NATO, operazioni di attacco, ricognizione e supporto alle forze di superficie contro obiettivi relativi alle forze e al potenziale nemico. Il 6° Stormo, infatti, ha una doppia dipendenza: Nazionale e NATO. Secondo la catena NATO fa capo al Quartier Generale delle Potenze Alleate in Europa (SHAPE) attraverso l'Air Component Command (CCAir) di Ramstein.
Nessun errore umano ma, molto probabilmente, come ventilato da qualche network straniero, i due velivoli sono stati centrati da una serie di fulmini che hanno fatto perdere la linea di volo, linea che a quote così basse e ad una velocità relativamente alta come nel caso di ieri, non è facile mantenere se cause scatenanti esterne concorrono negativamente.
Mariangela Valentini ed i suoi colleghi sono morti per la Patria. E noi, tutti, ci inchiniamo di fronte al loro sacrificio immenso. Che Dio li abbia per sempre in gloria.
Stefano Rabozzi