Nella foto: la targa marmorea apposta nel 1914 sulla facciata della casa natale di Prina in occasione del centenario della tragica morte.
UN MINISTRO NOVARESE: L'AVVOCATO GIUSEPPE PRINA (ultima parte)
l 14 aprile 1814 il Senato votó segretamente (nonostante l'opposizione del Verri) l'invio di una deputazione alle alte potenze per decidere la cessazione delle ostilità, l'indipendenza del
Regno d'Italia e un re nella persona del Beauharnais. I partiti milanesi erano prevalentemente tre: quello delle "marsine ricamate" sostenitori del vice-re; quelli che volevano il Regno d'Italia indipendente con un re italiano (anti francese) e il partito filo-austriaco. Il segreto imposto ai partecipanti non fu mantenuto; tutta Milano sapeva il contenuto della decisione e suscitava anche lo sdegno popolare; si raccolsero documenti di protesta mentre da parte del responsabile dell'ordine pubblico si lasciava mano libera ai Tumultuanti le cui file per l'occasione erano state rinforzate dall'arrivo di provocatori, prezzolati, dalle campagne lungo il Ticino ed il Lago Maggiore; tutto questo in preparazione della seduta prevista in Senato per il 20 aprile 1814. Giornata tetra, piovigginosa: in Senato oltre ai deputati si erano introdotti violentemente nell'aula molti dimostranti; i senatori sotto minaccia di cittadini armati " di ombrelli di seta" sottratti alla nobiltà decretavano il ritiro della deputazione inviata a Parigi e al Beauharnais a Mantova, di convocare i collegi elettorali. Il Prina non era intervenuto alla seduta del Senato, poi balenò l'idea di un assalto al Palazzo del Melzi d'Eril vicario, ma
fu accantonata; secondo le testimonianze vi fu un anonimo incitamento a cercare il Prina. Il palazzo in cui abitava era in piazza San Fedele; il Ministro non era intervenuto alla sessione del Senato perchè il suo omonimo Cugino, l'abate Giuseppe professore di diritto pubblico all'Università di Pavia era giunto allarmato a Milano la stessa mattina del 20 aprile col proposito di condurlo in salvo, travestito da prete sulla stessa carrozza con cui era giunto a Milano;
le parole del Ministro furono:" Ma perchè i milanesi dovrebbero farmi del male?
Non ho da rimproverarmi nulla, quindi non temo nulla, perchè l'ira del popolo dovrebbe rivolgersi contro di me piuttosto che contro gli altri membri del Governo? I milanesi buoni non sono fatti per i delitti". Era convinto che un drappello di granatieri lo proteggesse. Invece la sua abitazione fu invasa e rapinata da una folla ormai inferocita che devastò tutto, non trovò nulla nella
cassaforte, ma trovò lui che si era rifugiato in soffitta. Fu denudato, calato da una finestra in strada, colpendolo ad ombrellate. Trascinato per le vie di Milano; furono fatti più tentativi, da parte di persone coraggiose, di sottrarlo al linciaggio ma fallirono, anche perchè le forze dell'ordine, proprio in quel giorno, erano state allontanate per la maggior parte da Milano, con pretesti vari dalle autorità. Fu trascinato nel cortile del Broletto dove fu deposto cadavere; erano le sette di sera. A notte inoltrata, la città ormai deserta, fu portato al cimitero di Porta Comasina e seppellito in luogo tenuto segreto, per salvare almeno la memoria in futuro.
Mi è stato penoso scrivere queste ultime parole che non hanno la possibilità di essere commentate; desidero però continuare, in un secondo momento, e riprendere l'argomento sulla risonanza che tale spaventoso avvenimento ebbe tra i suoi contemporanei, per tentare la piena riabilitazione di questo grande e sfortunato personaggio.
Copyright Giuseppina Marelli Gambelli