Novara 11 Dicembre 2020
Talvolta il carattere e la gelosia fanno danni tremendi.
Lo dimostra quanto avvenuto un anno fa in corso Giulio Cesare a Torino, quando il tunisino Mohamed Safi aveva cercato di tagliare la gola alla propria fidanzata con un coccio di bottiglia al grido di “sei mia e lo sarai per sempre”, “ti ammazzo e poi mi ammazzo io” .
Per fortuna della donna il delitto non è stato commesso grazie all’intervento di alcuni passanti e alla traduzione in carcere del tunisino
Ma qual è stato il motivo di tanto accanimento? I due si erano conosciuti in chat e la donna aveva fatto qualche indagine sul web per sapere qualcosa in più dell’uomo con cui aveva iniziato una relazione.
Quello che aveva trovato era che Mohamed Safi, anni fa a Bergamo, aveva ucciso la sua compagna dell’epoca, Alessandra Mainolfi, e per quell’omicidio stava scontando una pena di 15 anni nel carcere Lorusso e Cutugno sfruttando la modalità di lavoro esterno prevista dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, e lavorava come aiuto pasticciere da Gaudenti, locale nel centro di Torino, come cameriere ai tavoli del bar di Palazzo di Giustizia e come cameriere al bistrot Pausa Cafè di Grugliasco.
Ovvia quindi la decisione di lasciarlo che purtroppo ha rischiato di avere un risvolto terribile.
L’uomo infatti era chiaramente poco affidabile dato anche che avrebbe dovuto seguire orari e itinerari precisi da fare solo con determinati mezzi pubblici, per non parlare dei divieti su alcolici e stupefacenti, ma tali disposizioni le aveva completamente disattese.
L’avvocatessa dell’uomo, Daiana Barillaro, accusa il carcere e il sistema che non fornisce un adeguato sostegno di tipo psichiatrico, mentre la vittima ha un atteggiamento positivo con parole di ringraziamento per tutti quelli che – pur non conoscendola - le hanno salvato la vita.
COPYRIGHT DP
Talvolta il carattere e la gelosia fanno danni tremendi.
Lo dimostra quanto avvenuto un anno fa in corso Giulio Cesare a Torino, quando il tunisino Mohamed Safi aveva cercato di tagliare la gola alla propria fidanzata con un coccio di bottiglia al grido di “sei mia e lo sarai per sempre”, “ti ammazzo e poi mi ammazzo io” .
Per fortuna della donna il delitto non è stato commesso grazie all’intervento di alcuni passanti e alla traduzione in carcere del tunisino
Ma qual è stato il motivo di tanto accanimento? I due si erano conosciuti in chat e la donna aveva fatto qualche indagine sul web per sapere qualcosa in più dell’uomo con cui aveva iniziato una relazione.
Quello che aveva trovato era che Mohamed Safi, anni fa a Bergamo, aveva ucciso la sua compagna dell’epoca, Alessandra Mainolfi, e per quell’omicidio stava scontando una pena di 15 anni nel carcere Lorusso e Cutugno sfruttando la modalità di lavoro esterno prevista dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, e lavorava come aiuto pasticciere da Gaudenti, locale nel centro di Torino, come cameriere ai tavoli del bar di Palazzo di Giustizia e come cameriere al bistrot Pausa Cafè di Grugliasco.
Ovvia quindi la decisione di lasciarlo che purtroppo ha rischiato di avere un risvolto terribile.
L’uomo infatti era chiaramente poco affidabile dato anche che avrebbe dovuto seguire orari e itinerari precisi da fare solo con determinati mezzi pubblici, per non parlare dei divieti su alcolici e stupefacenti, ma tali disposizioni le aveva completamente disattese.
L’avvocatessa dell’uomo, Daiana Barillaro, accusa il carcere e il sistema che non fornisce un adeguato sostegno di tipo psichiatrico, mentre la vittima ha un atteggiamento positivo con parole di ringraziamento per tutti quelli che – pur non conoscendola - le hanno salvato la vita.
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