LE ALI ROSA DELLE AQUILE
In aeroporto a Cameri la storia non l’hanno scritta solo gli uomini ma anche tante donne e di loro quasi nessuno ne ha mai parlato, cercherò di riparare a questo torto raccontandovi di una di loro, vi voglio parlare di : Giuseppina Cagno detta Mimi’.
Siamo nel 1909 l’aeroporto come lo conosciamo ora non c’è ancora, c’è solo la baraggia, zanzare ed afa d’estate, freddo e nebbia d’inverno, gente matta e caparbia che voleva volare.
Gli aeroplani li avevano appena inventati, pezzi di legno e tela trainati da motori aeronautici appena abbozzati e poco affidabili. La società guardava questa gente come un fenomeno da baraccone e non gli dava troppo peso, erano quasi degli emarginati. In questo contesto immaginatevi una giovane ragazza che decide di seguire suo marito che non ha un mestiere né sicuro né redditizio, non hanno una casa dove vivere, non hanno vita sociale, non hanno amici, ha solo suo marito un aviatore, Alessandro Umberto Cagno.
Per raccontare di Mimì è prima doveroso sapere chi era il marito e di cosa si occupava.
Alessandro Umberto Cagno arrivò a Cameri in rappresentanza della neonata FIAT e si aggiunse a Thouvenot, Negretti e Cobianchi per la gestione della Scuola Civile d’ Aviazione appena fondata. Era un corridore automobilistico della squadra FIAT ed iniziò a correre all'età di diciotto anni, piazzandosi al secondo posto sul circuito belga delle Ardenne nel 1902. Ha vinto la gara salita di Susa - Moncenisio nel 1904. Ha concluso in terza posizione nella cronoscalata al Mont Ventoux nel 1905 guida nella corsa Gordon Bennett. Nel 1906 ha partecipato alla prima edizione della Targa Florio vincendo la gara mentre si guida un auto Fab Itala SA. La passione per il volo e la novità che rappresentava il mondo aeronautico di allora lo spinsero a smetterla con le gare automobilistiche e di dedicarsi completamente al volo.
Pochi mesi dopo, nel gennaio 1910,in pieno inverno, iniziavano già le prime lezioni di pilotaggio ed in agosto nel campo volo di Pordenone, Cagno ottenne il brevetto.
Quando, con il brevetto gli viene rilasciato il documento che lo consacra aviatore, egli “era già maestro di scuola di pilotaggio a Cameri e a Pordenone”, il che significa che fin da subito esercitò la duplice funzione di meccanico e di pilota. Fu una nuova vita che Cagno contrassegnò a suo modo, lasciandosi chiamare non più con il suo primo, bensì con il suo secondo nome, Umberto.
Curiosamente, anche per sua moglie Giuseppina arrivò il momento di cambiare il nome: da quei primi mesi trascorsi a Cameri, nel 1909,divenne per tutti “Mimì”. Sembra infatti che, per quanto innamorata e desiderosa di condividere con il marito ogni esperienza, anche dura, un giorno la “spartanità” della loro sistemazione (una baracca ai margini del campo d’aviazione, una branda per letto, una cassa da imballaggio per mobile) la fece vacillare, inducendola a meditare seriamente di tornarsene a Torino. Per Cagno sarebbe stato un dramma. Thouvenot capì al volo, cominciò a paragonare la durezza del loro ménage alla romantica soffitta parigina dove si consumò l’amore tra Alfredo e Mimì, nella Bohème di Puccini. Quando arrivò ad intonare la già celebre aria “Mi chiamano Mimì”, per Giuseppina fu la capitolazione.
Decise di restare, a qualunque costo, e Umberto Cagno, l’aviatore, superò presto in audacia perfino le gesta di Alessandro Cagno, pilota d’auto. Fu il primo a portare in volo tre passeggeri, volando ininterrottamente per circa mezz’ora, a una quota di 100 metri (28 agosto 1910), fu il primo a sorvolare Pordenone (2 novembre), a portare con sé in volo un fotografo che perciò scattò tra le prime fotografie aeree (21 novembre), a effettuare un volo notturno (12 febbraio 1911), ad arrivare fino a Venezia (19 febbraio).
Quando nel 1911 scoppiò la guerra italo-turca per il possesso della Libia, Cagno non poteva restare a guardare, compì una ventina di missioni di guerra e costruì un primo rudimentale lanciabombe, in quanto già convinto della validità dell’aereo come efficace mezzo da bombardamento.
Forse questa fu l’unica esperienza che non condivise con la moglie. Al termine della guerra la FIAT decise per Cagno un futuro da collaudatore a Torino. Non tornò mai più a Cameri.
Morì suicida per amore nel 1971 a ottantotto anni. Due giorni dopo la morte per cause naturali di “Mimì” sua moglie.
Gigi BIANCO
Siamo nel 1909 l’aeroporto come lo conosciamo ora non c’è ancora, c’è solo la baraggia, zanzare ed afa d’estate, freddo e nebbia d’inverno, gente matta e caparbia che voleva volare.
Gli aeroplani li avevano appena inventati, pezzi di legno e tela trainati da motori aeronautici appena abbozzati e poco affidabili. La società guardava questa gente come un fenomeno da baraccone e non gli dava troppo peso, erano quasi degli emarginati. In questo contesto immaginatevi una giovane ragazza che decide di seguire suo marito che non ha un mestiere né sicuro né redditizio, non hanno una casa dove vivere, non hanno vita sociale, non hanno amici, ha solo suo marito un aviatore, Alessandro Umberto Cagno.
Per raccontare di Mimì è prima doveroso sapere chi era il marito e di cosa si occupava.
Alessandro Umberto Cagno arrivò a Cameri in rappresentanza della neonata FIAT e si aggiunse a Thouvenot, Negretti e Cobianchi per la gestione della Scuola Civile d’ Aviazione appena fondata. Era un corridore automobilistico della squadra FIAT ed iniziò a correre all'età di diciotto anni, piazzandosi al secondo posto sul circuito belga delle Ardenne nel 1902. Ha vinto la gara salita di Susa - Moncenisio nel 1904. Ha concluso in terza posizione nella cronoscalata al Mont Ventoux nel 1905 guida nella corsa Gordon Bennett. Nel 1906 ha partecipato alla prima edizione della Targa Florio vincendo la gara mentre si guida un auto Fab Itala SA. La passione per il volo e la novità che rappresentava il mondo aeronautico di allora lo spinsero a smetterla con le gare automobilistiche e di dedicarsi completamente al volo.
Pochi mesi dopo, nel gennaio 1910,in pieno inverno, iniziavano già le prime lezioni di pilotaggio ed in agosto nel campo volo di Pordenone, Cagno ottenne il brevetto.
Quando, con il brevetto gli viene rilasciato il documento che lo consacra aviatore, egli “era già maestro di scuola di pilotaggio a Cameri e a Pordenone”, il che significa che fin da subito esercitò la duplice funzione di meccanico e di pilota. Fu una nuova vita che Cagno contrassegnò a suo modo, lasciandosi chiamare non più con il suo primo, bensì con il suo secondo nome, Umberto.
Curiosamente, anche per sua moglie Giuseppina arrivò il momento di cambiare il nome: da quei primi mesi trascorsi a Cameri, nel 1909,divenne per tutti “Mimì”. Sembra infatti che, per quanto innamorata e desiderosa di condividere con il marito ogni esperienza, anche dura, un giorno la “spartanità” della loro sistemazione (una baracca ai margini del campo d’aviazione, una branda per letto, una cassa da imballaggio per mobile) la fece vacillare, inducendola a meditare seriamente di tornarsene a Torino. Per Cagno sarebbe stato un dramma. Thouvenot capì al volo, cominciò a paragonare la durezza del loro ménage alla romantica soffitta parigina dove si consumò l’amore tra Alfredo e Mimì, nella Bohème di Puccini. Quando arrivò ad intonare la già celebre aria “Mi chiamano Mimì”, per Giuseppina fu la capitolazione.
Decise di restare, a qualunque costo, e Umberto Cagno, l’aviatore, superò presto in audacia perfino le gesta di Alessandro Cagno, pilota d’auto. Fu il primo a portare in volo tre passeggeri, volando ininterrottamente per circa mezz’ora, a una quota di 100 metri (28 agosto 1910), fu il primo a sorvolare Pordenone (2 novembre), a portare con sé in volo un fotografo che perciò scattò tra le prime fotografie aeree (21 novembre), a effettuare un volo notturno (12 febbraio 1911), ad arrivare fino a Venezia (19 febbraio).
Quando nel 1911 scoppiò la guerra italo-turca per il possesso della Libia, Cagno non poteva restare a guardare, compì una ventina di missioni di guerra e costruì un primo rudimentale lanciabombe, in quanto già convinto della validità dell’aereo come efficace mezzo da bombardamento.
Forse questa fu l’unica esperienza che non condivise con la moglie. Al termine della guerra la FIAT decise per Cagno un futuro da collaudatore a Torino. Non tornò mai più a Cameri.
Morì suicida per amore nel 1971 a ottantotto anni. Due giorni dopo la morte per cause naturali di “Mimì” sua moglie.
Gigi BIANCO