Non tutti e non sempre
Apriamo il discorso chiarendo prima di tutto in cosa consiste il test
Si tratta di un sottilissimo bastoncino cotonato ( il tampone appunto) eseguito sulla faringe, ( cioè in fondo alla gola passando dal naso) perché quello è il punto preferenziale per trovare traccia della presenza di un virus respiratorio, attraverso il quale viene prelevato , strofinando leggermente, dalla gola del paziente un campione della secrezione che copre la mucosa della faringe posteriore. Il test ha un’invasività praticamente nulla e non dà alcun effetto indesiderato. Viene eseguito in pochi secondi
L’obiettivo dell’esame è di determinare se è presente un agente patogeno, stabilendo anche quale sia la sua natura.
Perché il risultato sia veritiero , attendibile e sicuro è necessario che venga seguito un protocollo di prelievo, che prevede cioè che a eseguire l’esame sia personale addestrato e specializzato e poi che lo screening avvenga al domicilio dei pazienti e non in ospedale .
Appena estratto dal naso del paziente, il tampone viene immerso in un gel, inserito in un contenitore ad hoc e poi inviato a un laboratorio scientifico, che dovrà determinare le caratteristiche del materiale prelevato. Attraverso opportuni processi di sviluppo, gli addetti all’analisi stabiliranno l’esatta natura del patogeno responsabile dell’eventuale infezione..
Per arrivare a un responso occorrono in condizioni standard dalle 4 alle 6 ore, anche se i principali centri italiani coinvolti stanno cercando di ridurre quanto più possibile questo lasso di tempo
Purtroppo l’ipotesi di eseguire tamponi faringei a tutti non è realizzabile, sia perché avrebbe poco senso sottoporre al test anche chi non ha né sintomi né motivi per ritenere di essere stato potenzialmente contagiato, sia perché la capacità del sistema sanitario di svolgere questi test non è infinita in quanto la portata massima di tamponi faringei che ciascun laboratorio può analizzare, è dell’ordine di alcune centinaia al giorno.
Questo è il motivo per cui è importante decidere dove concentrare gli sforzi.
Secondo il parere del Comitato Tecnico Scientifico dell’Unità di crisi della Regione Piemonte, l’esecuzione del test per capire se si è o meno infettati dal Covid-19 va fatta a coloro che :
1) sono casi sospetti sintomatici ricoverati o in attesa di ricovero;
2) hanno avuto contatti stretti con casi confermati e che sono diventati sintomatici e richiedono ricovero;
3) sono operatori sanitari che hanno avuto contatti stretti con pazienti covid-19 positivi in assenza di idonee protezioni
4) sono soggetti in isolamento domiciliare nei quali compaiono sintomi anche non meritevoli di ricovero.
Tale posizione del Comitato Tecnico Scientifico dell’Unità di crisi della Regione Piemonte, tiene conto delle linee guida espresse dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) il 2 marzo scorso, nelle quali viene affermato che la decisione di eseguire il test deve essere basata su dati clinici ed epidemiologici che indichino a priori la verosimiglianza della infezione.
Secondo l’OMS in ogni caso, i protocolli di screening devono essere adattati alla situazione locale ed alla continua elaborazione della definizione del singolo caso, basata sulla evoluzione delle conoscenze sulla malattia.
Anche il Consiglio Superiore di Sanità, nel documento del 26 febbraio 2020, conclude che, in considerazione del fatto che il contributo da potenziali casi asintomatici alla dinamica della diffusione epidemica appare limitato, viene raccomandata l’esecuzione dei tamponi ai soli casi sintomatici con sindrome simil-influenzale non attribuibile ad altra causa.
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