.Novara 15 Dicembre 2020
Per gli italiani costretti a stare a casa il presepio del Vaticano è un nuovo tema su cui gettare il loro livore: orrore, schifezza, vergogna, lasciando perdere gli insulti al Papa.
Provo a proporre un modo diverso di vedere la cosa.
Personalmente non mi piace, ma devo riconoscere il tentativo di essere innovativo.
Nell'evoluzione del mondo, in qualsiasi campo, si è sempre procedito "a strappi" in avanti, a volte positivi, a volte negativi.
Nell'arte ancor di più.
Pensiamo a Manzoni negli anni '60, che fu estremamente provocante, ma pensiamo a Fontana e alle infinite polemiche sui suoi tagli, a Warhol dove erano "solo barattoli", a urta la pop art americana, a Pollock dove erano schizzi.
Pensiamo a Caravaggio che riempiva di personaggi "sporchi" i suoi quadri religiosi, a Van Gogh che non vendette neppure un quadro in vita, o ai giorni nostri Damien Hirst, con le sue enormi e drammatiche sezioni
L' arte è oggettivamente divisiva, svista autonomamente.
Lo stesso celebratissimo Bansky, con le sue opere esercita un azione di provocazione portando la guerriglia urbana dei graffitari a un livello superiore, ma non sempre apprezzata.
Quando però un opera o un artista viene "sdoganato" dai critici e soprattutto dal mercato, avviene la massificazione di giudizio per cui viene compresa e accettata dalla massa.
A volte l'arte non è estetica ma sicuramente portatrice della rappresentazione creativa di quel momento storico.
E questa è una sua funzione: tramandare in forma artistica il vissuto del momento.
Siamo in un periodo di decadenza, dove l'umano ha perso se stesso in molte occasioni.
Riferimenti, valori, guide sono diventati elementi confusi e sbiaditi.
Se guardiamo a quello che circonda, vediamo che è sempre chi grida più forte che vince su chi sussurra.
È sempre la provocazione a vincere.
È sempre il commento brutale la valvola di sfogo.
Pregiudizio e giudizio sono sempre trancianti.
Definitivi.
Irrevocabili.
E allora proviamo a pensare che questo presepio non vuole essere la rappresentazione classica ma indurre a pensare che sia il momento della tolleranza contro la violenza.
Della inclusione rispetto all'esclusione.
Del confronto sereno e motivato e non della singola parola priva di ogni apertura.
Proviamo a pensare che c'è bisogno di andare avanti in modo diverso, di uscire dalla comfort zone dell'odio facile.
Pensiamo al valore del MESSAGGIO e non dell'estetica.
Che un domani questo progetto, comunque importante, perché ha coinvolto una scuola e una tradizione d'arte sarà in un museo, ma avrà lasciato in noi la capacità di guardarci negli occhi in modo diverso e migliore.
E se ci pensate chi è stato un grande provocatore della storia?
Un tale che girava proclamandosi Figlio di Dio e annunciando una Buona Novella, per molti fastidiosa ai suoi tempi (e anche ai nostri).
Emulato 1200 anni dopo da un altro provocatore che rinunciò alla ricchezza per spogliarsi nudo e parlare di povertà come purezza.
Non è che la Società li apprezzasse molto, ma alla fine hanno vinto loro.
E allora volgiamo lo sguardo alla serenità, perché vomitare odio e insultare il Papa non è molto cristiano da parte di quelli che si ergono a difensori del Presepe come simbolo della natività
COPYRIGHT MARCO GUSMEROLI
Foto tratta dalla pagina FB di Marco Gusmeroli
Per gli italiani costretti a stare a casa il presepio del Vaticano è un nuovo tema su cui gettare il loro livore: orrore, schifezza, vergogna, lasciando perdere gli insulti al Papa.
Provo a proporre un modo diverso di vedere la cosa.
Personalmente non mi piace, ma devo riconoscere il tentativo di essere innovativo.
Nell'evoluzione del mondo, in qualsiasi campo, si è sempre procedito "a strappi" in avanti, a volte positivi, a volte negativi.
Nell'arte ancor di più.
Pensiamo a Manzoni negli anni '60, che fu estremamente provocante, ma pensiamo a Fontana e alle infinite polemiche sui suoi tagli, a Warhol dove erano "solo barattoli", a urta la pop art americana, a Pollock dove erano schizzi.
Pensiamo a Caravaggio che riempiva di personaggi "sporchi" i suoi quadri religiosi, a Van Gogh che non vendette neppure un quadro in vita, o ai giorni nostri Damien Hirst, con le sue enormi e drammatiche sezioni
L' arte è oggettivamente divisiva, svista autonomamente.
Lo stesso celebratissimo Bansky, con le sue opere esercita un azione di provocazione portando la guerriglia urbana dei graffitari a un livello superiore, ma non sempre apprezzata.
Quando però un opera o un artista viene "sdoganato" dai critici e soprattutto dal mercato, avviene la massificazione di giudizio per cui viene compresa e accettata dalla massa.
A volte l'arte non è estetica ma sicuramente portatrice della rappresentazione creativa di quel momento storico.
E questa è una sua funzione: tramandare in forma artistica il vissuto del momento.
Siamo in un periodo di decadenza, dove l'umano ha perso se stesso in molte occasioni.
Riferimenti, valori, guide sono diventati elementi confusi e sbiaditi.
Se guardiamo a quello che circonda, vediamo che è sempre chi grida più forte che vince su chi sussurra.
È sempre la provocazione a vincere.
È sempre il commento brutale la valvola di sfogo.
Pregiudizio e giudizio sono sempre trancianti.
Definitivi.
Irrevocabili.
E allora proviamo a pensare che questo presepio non vuole essere la rappresentazione classica ma indurre a pensare che sia il momento della tolleranza contro la violenza.
Della inclusione rispetto all'esclusione.
Del confronto sereno e motivato e non della singola parola priva di ogni apertura.
Proviamo a pensare che c'è bisogno di andare avanti in modo diverso, di uscire dalla comfort zone dell'odio facile.
Pensiamo al valore del MESSAGGIO e non dell'estetica.
Che un domani questo progetto, comunque importante, perché ha coinvolto una scuola e una tradizione d'arte sarà in un museo, ma avrà lasciato in noi la capacità di guardarci negli occhi in modo diverso e migliore.
E se ci pensate chi è stato un grande provocatore della storia?
Un tale che girava proclamandosi Figlio di Dio e annunciando una Buona Novella, per molti fastidiosa ai suoi tempi (e anche ai nostri).
Emulato 1200 anni dopo da un altro provocatore che rinunciò alla ricchezza per spogliarsi nudo e parlare di povertà come purezza.
Non è che la Società li apprezzasse molto, ma alla fine hanno vinto loro.
E allora volgiamo lo sguardo alla serenità, perché vomitare odio e insultare il Papa non è molto cristiano da parte di quelli che si ergono a difensori del Presepe come simbolo della natività
COPYRIGHT MARCO GUSMEROLI
Foto tratta dalla pagina FB di Marco Gusmeroli