Vercelli 30 aprile 2020
DIARIO DI BORDO – 29 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
CIO’ CHE DI BUONO C’E’ (una riflessione personale)
Ho scritto altre volte pagine difficili del diario.
Oggi tento la scrittura di un’altra pagina complessa nella speranza non venga fraintesa.
La crisi COVID ha toccato nel profondo le coscienze di molti.
Il virus ha portato sofferenza, dolore. Alcuni hanno perso persone care, amici, parenti.
Alcuni hanno sofferto e soffriranno la crisi economica.
Alcuni forse perderanno il lavoro.
La prima reazione, umana, è quella di cercare di dimenticare le brutture di questi mesi.
Buttare via tutto. Resettare la mente come se tutto questo non fosse mai accaduto.
Eppure.
Eppure, per quanto mi riguarda, non posso non pensare che da questa crisi ho qualcosa da imparare, che qualcosa questa crisi mi ha insegnato, qualcosa che, se sarò bravo ad apprendere la lezione, potrebbe anche migliorare la mia vita futura.
Credo che se non vogliamo rendere vano tutto questo dolore dobbiamo essere anche in grado di separare il male che ha portato da ciò che di positivo possiamo imparare.
Non che il COVID abbia portato bene. Sia chiaro e senza alcun dubbio.
Ma l’arrivo di questo tornado ha scompigliato molte nostre certezze, abitudini, consuetudini.
Mi è capitato spesso, nella vita, di considerarmi come un treno destinato a correre su binari definiti.
Nella vita abbiamo fatto scelte che hanno avuto conseguenze. Abbiamo intrapreso percorsi che ad un certo punto diventano, o crediamo diventino, binari.
Ed eravamo convinti, io ero convinto, che nulla e nessuno, nessuna forza della natura, potesse ormai farci deviare da quei binari.
Possiamo chiamarlo destino, forse semplicemente senso del dovere o forse senso del “ciò che gli altri si aspettano che io faccia o che io sia”.
Poi un giorno arriva lui.
I confini si chiudono, le certezze crollano.
Ciò che sino a due giorni prima sembrava una realtà solida e consolidata fatta di regole, calendari, obblighi della vita di società, impegni istituzionali, si è sciolto come neve al sole.
Sino a pochi giorni prima intensi lavori di preparazione per congressi ed elezioni di società scientifiche.
Sino a pochi giorni prima Consigli dell’ordine cui partecipare da incastrare con maestria tra riunioni del direttivo dell’associazione UPOALUMNI.
Calendari fitti di turni, visite, riunioni, incontri. Un puzzle giornaliero calcolato al centesimo di secondo su almeno 12 ore giornaliere impegnate.
Poi d’un tratto lui.
E il calendario in pochi minuti si svuota. Tutto scompare. Sembrava impossibile. Un colpo di spugna.
In 24 ore su quel calendario restano solo i turni ospedalieri con nuove voci mai viste prima (interdivisionale, COVID, RIA, ecc..). Tutto il resto sparisce.
All’improvviso mi ritrovo a casa a ore impensate a veder crescere i miei figli. Condividere con loro spazi mai condivisi prima.
Mi ritrovo ad avere il tempo di pensare, riflettere, leggere.
Ritrovo il tempo di respirare. Libero di respirare nonostante le maschere ed i visori.
Ne parlavo con una collega e cara amica qualche mattina fa in ospedale in occasione di un cambio guardia.
Avevo bisogno del COVID per capire ciò che di importante veramente avevo nella vita? Delle piccole cose che le danno colore e sapore? Avevo bisogno di LUI per avere il coraggio di dire qualche no e riprendere il controllo della mia vita e della strada da percorrere? Ci voleva un “terremoto” per capire che da quei binari possiamo uscire quando vogliamo se sappiamo seguire il cuore?
Provenendo da un mondo pre-COVID decisamente individualistico solo l’isolamento ha saputo mostrarci quanto fosse invece importante il contatto, la condivisione, l’unione di intenti.
Sarebbe mai stato pensabile un diario condiviso come questo qualche mese fa? Eravamo liberi senza la percezione di esserlo. Ora non siamo liberi ma stiamo lottando per esserlo e sapendo quanto questo traguardo sarà speciale.
Certo tutti corriamo su binari, ma con alcune differenze.
Alcuni treni sono ad Alta velocità, quella che attraverso il finestrino ti mostra un paesaggio sfuocato, altri treni sono “accelerati” e dal finestrino è possibile godere il paesaggio.
Uscire dai binari è utile ogni tanto per chi come me correva tanto, forse troppo. Non posso non pensare allo stesso tempo che invece per qualcuno, molti, uscire da quei binari è stato un deragliamento vero e proprio.
Qualcuno è stato buttato a terra, qualcuno in quel deragliamento ha perso molto, e forse oggi sogna di poter tornare su quei binari che sapevano di tranquillità e sicurezza.
L’augurio migliore che posso fare allora è che ognuno di noi ritrovi, gradualmente, i suoi binari e, nel caso, si ricordi ogni tanto come uscirne per fare una piccola scampagnata.
29 di Aprile …. Come treni che non hanno binari ma ali di carta … (da Nessuno vuole essere Robin – Cesare Cremonini)
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’
DIARIO DI BORDO – 29 Aprile a.d.c. (Anno del Corona)
CIO’ CHE DI BUONO C’E’ (una riflessione personale)
Ho scritto altre volte pagine difficili del diario.
Oggi tento la scrittura di un’altra pagina complessa nella speranza non venga fraintesa.
La crisi COVID ha toccato nel profondo le coscienze di molti.
Il virus ha portato sofferenza, dolore. Alcuni hanno perso persone care, amici, parenti.
Alcuni hanno sofferto e soffriranno la crisi economica.
Alcuni forse perderanno il lavoro.
La prima reazione, umana, è quella di cercare di dimenticare le brutture di questi mesi.
Buttare via tutto. Resettare la mente come se tutto questo non fosse mai accaduto.
Eppure.
Eppure, per quanto mi riguarda, non posso non pensare che da questa crisi ho qualcosa da imparare, che qualcosa questa crisi mi ha insegnato, qualcosa che, se sarò bravo ad apprendere la lezione, potrebbe anche migliorare la mia vita futura.
Credo che se non vogliamo rendere vano tutto questo dolore dobbiamo essere anche in grado di separare il male che ha portato da ciò che di positivo possiamo imparare.
Non che il COVID abbia portato bene. Sia chiaro e senza alcun dubbio.
Ma l’arrivo di questo tornado ha scompigliato molte nostre certezze, abitudini, consuetudini.
Mi è capitato spesso, nella vita, di considerarmi come un treno destinato a correre su binari definiti.
Nella vita abbiamo fatto scelte che hanno avuto conseguenze. Abbiamo intrapreso percorsi che ad un certo punto diventano, o crediamo diventino, binari.
Ed eravamo convinti, io ero convinto, che nulla e nessuno, nessuna forza della natura, potesse ormai farci deviare da quei binari.
Possiamo chiamarlo destino, forse semplicemente senso del dovere o forse senso del “ciò che gli altri si aspettano che io faccia o che io sia”.
Poi un giorno arriva lui.
I confini si chiudono, le certezze crollano.
Ciò che sino a due giorni prima sembrava una realtà solida e consolidata fatta di regole, calendari, obblighi della vita di società, impegni istituzionali, si è sciolto come neve al sole.
Sino a pochi giorni prima intensi lavori di preparazione per congressi ed elezioni di società scientifiche.
Sino a pochi giorni prima Consigli dell’ordine cui partecipare da incastrare con maestria tra riunioni del direttivo dell’associazione UPOALUMNI.
Calendari fitti di turni, visite, riunioni, incontri. Un puzzle giornaliero calcolato al centesimo di secondo su almeno 12 ore giornaliere impegnate.
Poi d’un tratto lui.
E il calendario in pochi minuti si svuota. Tutto scompare. Sembrava impossibile. Un colpo di spugna.
In 24 ore su quel calendario restano solo i turni ospedalieri con nuove voci mai viste prima (interdivisionale, COVID, RIA, ecc..). Tutto il resto sparisce.
All’improvviso mi ritrovo a casa a ore impensate a veder crescere i miei figli. Condividere con loro spazi mai condivisi prima.
Mi ritrovo ad avere il tempo di pensare, riflettere, leggere.
Ritrovo il tempo di respirare. Libero di respirare nonostante le maschere ed i visori.
Ne parlavo con una collega e cara amica qualche mattina fa in ospedale in occasione di un cambio guardia.
Avevo bisogno del COVID per capire ciò che di importante veramente avevo nella vita? Delle piccole cose che le danno colore e sapore? Avevo bisogno di LUI per avere il coraggio di dire qualche no e riprendere il controllo della mia vita e della strada da percorrere? Ci voleva un “terremoto” per capire che da quei binari possiamo uscire quando vogliamo se sappiamo seguire il cuore?
Provenendo da un mondo pre-COVID decisamente individualistico solo l’isolamento ha saputo mostrarci quanto fosse invece importante il contatto, la condivisione, l’unione di intenti.
Sarebbe mai stato pensabile un diario condiviso come questo qualche mese fa? Eravamo liberi senza la percezione di esserlo. Ora non siamo liberi ma stiamo lottando per esserlo e sapendo quanto questo traguardo sarà speciale.
Certo tutti corriamo su binari, ma con alcune differenze.
Alcuni treni sono ad Alta velocità, quella che attraverso il finestrino ti mostra un paesaggio sfuocato, altri treni sono “accelerati” e dal finestrino è possibile godere il paesaggio.
Uscire dai binari è utile ogni tanto per chi come me correva tanto, forse troppo. Non posso non pensare allo stesso tempo che invece per qualcuno, molti, uscire da quei binari è stato un deragliamento vero e proprio.
Qualcuno è stato buttato a terra, qualcuno in quel deragliamento ha perso molto, e forse oggi sogna di poter tornare su quei binari che sapevano di tranquillità e sicurezza.
L’augurio migliore che posso fare allora è che ognuno di noi ritrovi, gradualmente, i suoi binari e, nel caso, si ricordi ogni tanto come uscirne per fare una piccola scampagnata.
29 di Aprile …. Come treni che non hanno binari ma ali di carta … (da Nessuno vuole essere Robin – Cesare Cremonini)
COPYRIGHT E FOTO: dott. Sergio Maccio’