Il ricordo delle Guardie d'Onore al Pantheon di Novara e del Gruppo Savoia Piemonte e Liguria.
Vittorio Emanuele di Savoia, futuro Re di Sardegna, in seguito primo Re d’Italia, nasce a Palazzo Carignano, a Torino, il 14 marzo 1820, figlio di Re Carlo Alberto e della Regina Maria Teresa d’Asburgo-Lorena.
Il giovane Principe fu educato nel segno dello spirito sobrio, guerriero e mistico della Sua Casa, con la predilezione per le caccia e per la vita militare.
Ebbe otto figli dal matrimonio con Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, tra cui il futuro Re Umberto I e Amedeo, primo Duca d’Aosta e per un breve periodo Re di Spagna.
Il 27 aprile 1831 divenne Principe Ereditario della Corona di Sardegna, titolo cui unì quello di Duca di Savoia.
Allo scoppio della Prima Guerra d’Indipendenza, il 24 marzo 1848, il giovane Vittorio Emanuele partì con il padre per il fronte, dove fu protagonista di significativi fatti d’arme, battendosi con onore e coraggio a Pastrengo e a Goito.
In seguito alla sconfitta di Novara, il 23 marzo 1849, successe a Carlo Alberto sul trono del Regno di Sardegna con il nome di Vittorio Emanuele II.
Il decennio successivo fu estremamente importante per edificare le fondamenta della nascente Nazione italiana e fu caratterizzato dal grande attivismo politico e diplomatico di Camillo Benso, Conte di Cavour e Primo Ministro del Regno.
Tale periodo ebbe il suo sbocco nell’alleanza con la Francia di Napoleone III e nella Seconda Guerra d’Indipendenza (1859), di cui Vittorio Emanuele II fu protagonista indiscusso sui campi di battaglia come a Palestro, San Martino e Solferino.
Le ostilità ebbero fine il 12 luglio 1859 con la firma dell’armistizio di Villafranca che sancì l’unione della Lombardia al Regno di Sardegna; nel settembre dello stesso anno seguirono le annessioni della Toscana, del Modenese e del Parmense.
In cambio dell’appoggio francese, Vittorio Emanuele II dovette a malincuore cedere Nizza e la Savoia, oltre che accordare il suo consenso al matrimonio tra il Principe Gerolamo Bonaparte e la figlia Maria Clotilde, cui era sinceramente affezionato.
Nel frattempo, la Spedizione dei Mille guidata dal generale Giuseppe Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie, al grido di “Italia e Vittorio Emanuele”, causò rapidamente il crollo e la fine dello Stato borbonico.
Il 26 ottobre 1860, con l’incontro di Teano, l’Eroe dei due mondi consegnò simbolicamente al Sovrano i territori duosiciliani, cui si aggiunsero successivamente le Marche e l'Umbria.
17 marzo 1861, Vittorio Emanuele II sanzionò la legge con cui assunse il titolo di RE D'ITALIA. «Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di Re d'Italia. Gli atti del governo e ogni altro atto che debba essere intitolato in nome del Re sarà intestato con la formola seguente: Per Provvidenza divina, per voto della Nazione Re d'Italia». Prima Capitale del Regno fu Torino: nel 1865, sulla via che in breve avrebbe portato a Roma, essa fu trasferita a Firenze.
In pochi anni furono gettate le premesse per una terza Guerra d’Indipendenza. In chiave antiaustriaca, l’8 aprile 1866, l’Italia stipulò un’alleanza con la Prussia.
Le ostilità furono brevi. Secondo il Trattato di Vienna, l’Austria fu così costretta a cedere il Veneto al Regno d’Italia, con l’arbitrato di Napoleone III.
Nel frattempo, il Regno di Prussia di Guglielmo I, retto dal Cancelliere Otto von Bismarck, determinato ad affermare la propria autorità sugli altri Stati tedeschi, entrò velocemente in attrito con la Francia di Napoleone III, a sua volta decisa ad annettere il Lussemburgo. Tale scintilla diede avvio alla Guerra Franco-Prussiana, combattuta dal 19 luglio 1870 al 10 maggio 1871. La conclusione del conflitto si risolse con la sconfitta di Sedan da parte dei francesi e con la fine dell’Impero di Napoleone III.
Tale conseguenza permise all’Esercito Italiano di entrare indisturbato a Roma il 20 settembre 1870 (con il celeberrimo episodio della Breccia di Porta Pia) che divenne così la terza e definitiva Capitale del Regno.
Queste furono le parole del Sovrano per la fausta circostanza: «Con Roma Capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l'impresa che ventitré anni or sono veniva iniziata dal mio magnanimo Genitore». Una parte del Risorgimento era così compiuto. Mancavano tuttavia ancora all’appello Trento e Trieste.
Contratta una febbre malarica durante una battuta di caccia nei pressi di Roma, il 9 gennaio 1878, Vittorio Emanuele II rendeva l’anima a Dio all’età di 57 anni. Il 17 gennaio successivo, il Padre della Patria entrava nella gloria eterna del Pantheon e nell’immortalità dei posteri, giustamente chiamati oggi a commemorarlo con gratitudine e ammirazione nel bicentenario della nascita.
Copyright Cav. Marco Lovison Delegato per Piemonte e Liguria del Gruppo Savoia Delegato Provinciale di Novara dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e Dr. Comm. Federico Pizzi e Ispettore dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon per i rapporti con la Famiglia Reale